11 novembre 1917, papà Attilio Pellesi, coadiuvato dai figli maggiori, sta ultimando
il trasloco da Morano ad un podere più vasto nel vicino comune di Prignano sul Secchia,
provincia di Modena.
È rimasta soltanto mamma Rosa per le ultime sistemazioni, quando avverte i sintomi
della imminente maternità. L’esperienza – è al nono parto – le fa capire che non
c’è il tempo di portarsi alla nuova dimora. Silvia la figlia maggiore aiuterà la
mamma.
Anche i letti sono già stati traslocati. Sistemandosi alla meglio, su di una coperta,
per terra dà alla luce Bruna. Suor Maria Rosa ricorderà sempre con fierezza questo
particolare:
"Nata per terra come Gesù"
"Prignano, piccolo paese delle montagne modenesi, posto sulla strada che da Sassuolo
porta a Pavullo, è il mio paese natio. Qui i miei genitori avevano preso in affitto
un piccolo podere, dal quale si ricavava il necessario per mantenere la numerosa famiglia,
io infatti ero l’ultima di nove figli."
La descrivono così i familiari:
"Bella, di buon umore, sempre in vena di ridere e
di cantare, amante della moda e dell’eleganza, corteggiata dai giovani del paese,
ma soprattutto la ragazza della pace".
"Una lavoratrice formidabile, sempre in moto. Passo svelto come di colui che non
ha tempo da perdere…ultima di nove figli, ma prima nell’attenzione amorosa per gli
altri. Sapeva sempre comprendere, molto scusare…
Scherzosa e allegra, mai però volgare. Si fa seria di fronte a parole o scherzi
equivoci e volgari”.
"Una cosa era tipica di casa nostra, come il nostro distintivo che ci accompagnò
per molti anni: il canto. Quanto si cantava a casa, nei campi, passeggiando di giorno
e di sera! Si cantava con cuna grande sincera serenità…in campagna durante i lavori
e alla sera dopo cena, in cucina vicino al fuoco oppure al tepore della stalla,
si facevano dei cori meravigliosi"
Lavoro, preghiera, canto e il collante di tutto questo la fede.
E’ questo il segreto di casa Pellesi, è questo il clima umano nel quale è cresciuta
e ha respirato da piccola Suor Maria Rosa.
"In questo paesino sono rimasta 4 anni. Questo periodo è stato certamente il più
difficile della mia vita. Avrei avuto bisogno di una guida che mi avesse insegnato
ad orientare il mio cuore verso l’ideale che, sentivo, ero chiamata a seguire. Avvertivo
infatti la voce del Signore che in mille modi mi chiamava. Ma, ohimè, il mio egoismo
trionfava sempre con tutte le scuse immaginabili riuscivo a far tacere la mia coscienza.
Ero giovane vanitosa e capricciosa, con tutti i difetti di quell’ età. Solo il Signore
sa quanto soffrivo perché sentivo che Gesù non era contento di me, ma nonostante
tutto continuavo ad essere cattiva."
Pigneto , piccolo paese vicino a Sassuolo.
Bruna ha scommesso tutto sul proprio desiderio di felicità. Per cercare appagamento
a questo desiderio, non ha accettato la proposta di matrimonio di un giovane per
il quale ha avuto più di un batticuore.
Era colma del desiderio di amare e di essere amata. Al fiorire delle giovinezza
Cristo è diventato il termine esclusivo del suo amore. Suor Maria Rosa ha aderito
con tutta se stessa alla vocazione a cui Dio la chiamava.
Ha lasciato tutto per seguire Gesù Cristo, per trovare risposta a quella sete d’infinito
che ha sentito prepotentemente affacciarsi nel suo cuore.
"Che il Signore benedica questo paese, e benedica ancor più quella casa fra le cui
mura Egli si è degnato di darmi luce forza e amore per ascoltare e per seguire finalmente
la sua voce. Oh come vorrei sapere scrivere per parlare dei miei cari monti, della
mia chiesa piccola e rustica ove tante volte, sotto i suoi semplici archi, ho ritrovato
la pace, la gioia, l’amore.
Avevo nell’anima la certezza – dirà poi Suor Maria Rosa -
che sarei stata ad ogni
costo tutta di Gesù"
Quando ha lasciato la famiglia per andare in convento, la mamma l’ha salutata con
una consegna impegnativa:
"Va’, e fatti santa, perché solo per farti santa puoi lasciare
la tua mamma"
Bruna ha preso sul serio quel invito, ne ha fatto lo scopo della sua vita. L’ideale
di santità non era altro che vivere pienamente l’adesione al Signore facendo ciò
che a lui piaceva, ciò che lui disponeva giorno dopo giorno, amandolo perdutamente.
Voleva essere felice, quindi lasciava che il proprio "io" fosse afferrato e trasformato
da Cristo. Ecco il segreto della santità:
un’anima disposta a scomparire purchè cresca
l’ AMORE.
Una vita di ben 55 anni spaccata in due parti ben distinte, nel lavoro e nel dolore,
in piedi e sul letto, lavorando e soffrendo.
Nell’
ospedale S.Anna di Ferrara visse i primi 40 giorni della nuova vita
di malata. La natura umana che si ribella, che protesta e dall’altra parte Dio che
vuole attuare un suo preciso progetto sulla creatura che si è a Lui donata pienamente.
A
Gaiato, giusto per ricordare un episodio, fu messa nella stanza di Sr M.
Rosa una povera donna malatissima che dà alla luce un bambino e che si va aggravando
sempre più. Si tentò più volte – dice la direttrice – di far cambiare camera a Sr
Maria Rosa, ma non ci fu verso, dichiarava:
"Voglio seguirla fino in fondo"
"Ogni volta che entravo in quella stanza era una fitta al cuore - afferma ancora
la direttrice - per l’ammalata che soffriva tremendamente e per la nostra Suora che
non riuscivo a capire come facesse a rimanere vicina a quella poveretta, a quel
corpo in sfacelo che emanava un fetore nauseabondo."
Al
Pizzardi scrive Sr Eufrasia "quando le fecero il primo tempo di intervento
di toracoplastica, le tolsero anche delle costole per vedere se potevano staccare
la pleura dove aveva male. Racconta Sr Eufrasia che Sr Maria Rosa era terrorizzata,
sapeva che i medici le avrebbero dovuto togliere il polmone.
Le viene inserito il cannello di drenaggio nell’empiema, lo porterà giorno e notte
per oltre 13 anni, fino alla morte. Sarà sostituito ogni tre mesi circa con "un’operazione
difficile, lunga e dolorosa".
"Quando l’odore del liquido purulento divenne disgustoso, all’inizio - racconta ancora
Sr Eufrasia - ne soffrì molto, si accorgeva che le persone si allontanavano, la vidi
piangere e poi chiedeva scusa e ripeteva"
Al nipote scrive il 29/03/1970 di un’ ottantaquattrenne compagna di camera: "E’ sclerotica
e non ha pace mai… dorme pochissimo, parla che non si capisce niente e non tace
mai… il buon Dio vuole esercitarmi nella pazienza…. pensami decisa a rimetterci
anche la pelle"
Un’infermiera precisa il quadro: "Era in una stanza con una signora molto pesante
da sopportare, ma lei riusciva a farlo, in più le faceva anche da donna di servizio,
la lavava. Quando poi le lavava i piedi e si piegava, le mancava il respiro e diventava
cianotica… aiutava tutti, aveva una parola buona per tutti"
Suor Maria Rosa era solita ripetere:
"Le anime sono costate troppo a Gesù, non lasciamole
perdere"
Agli inizi di novembre, l’ultimo mese della sua vita, Suor Maria Rosa viene portata
nella Comunità di Sassuolo, ove Suor Maria Rosa lentamente va verso il compimento
della sua vita, del suo cammino di croce e dolore.
Gli orizzonti si allargano. Matura
una maternità nuova, le pareti della cameretta si allargano e la sua preghiera diviene
sempre più universale: tutti sono presenti. Non solo il Papa, i Sacerdoti, la Chiesa,
i familiari, ma anche i drogati i cappelloni le donne di strada, coloro che scrivono
pornografia, quelli che non sono amati.
"Vorrei dare un bacio a tutta l'umanità"
Si spegne il primo dicembre del 1972.
"Sono felice perché muoio nell'amore"